PALAZZO QUINZI

IL PALAZZO

Fu costruito nel XIV secolo ad opera dei marchesi Quinzi, limitatamente alla prima metà di esso e precisamente la parte a ridosso di via San Giovanni.

I locali ricavati furono suddivisi in modo tale da adibirli quelli a piano terra, come magazzini delle provviste alimentari, in gran parte provenienti dalla rendita dei terreni, mentre quelli ai piani superiori servivano ad ospitare le famiglie dei marchesi e alle funzioni di attività e servizi.

Alcuni documenti parlano della nobilissima  famiglia Quinzi, prima nomata “de Notariis” e poi “de Angelis”.

Uno della dinastia, Matteo de Angelis, valoroso soldato si segnalò nella battaglia contro Corradino a tal punto che il Re Manfredi gli donò la terra in Abruzzo nominandolo suo consigliere, mandandolo a vivere nello stesso Abruzzo.

Da qui comincia a tessere la discendenza della famiglia da lui formata nell’Aquila.

Da documenti storici risulta capostipite un Giovanni Vincenzo, Barone di Preturo, di Cese, S. Marco e sue ville; a lui vi appartennero un Alessandro barone di Fagnano e sue ville, Antonio, Luigi e Giulio Quinty.

La famiglia ebbe il titolo di Marchese di Preturo nel 1700 ed il possesso di vari feudi fra cui il castello di Cese di Preturo.

Su una scritta del Crispomonti risulta la frase “La famiglia Quinzio è di Pizzoli ed è moderna e con tutto questo gode della nobiltà colle principali famiglie della città”, sintetizzando così l’ascesa sociale  di questa famiglia Aquilana nel XVI secolo acquistando infine i feudi di Coppito e Preturo.

I Quinzi vissero nell’alternarsi di glorie e benessere, con periodi bui e difficoltosi.

Il massimo splendore dei marchesi si ebbe attorno al 1600, fatto testimoniato dallo sviluppo dell’edificio; furono demoliti la copertura e i solai del primo piano.

Il tutto fu sopraelevato, dando più spazio alle camere del primo piano; ciò e testimoniato dal fatto che a metà tra il primo e secondo piano, si evidenziano alcune finestre murate che marcavano il livello precedente dell’ultimo piano.

Nei primi anni del 1600 fu ampliata la costruzione con l’aggiunta del cortile e la sottostante cisterna, la gradinata interna, la sala di rappresentanza, la torre campanaria, la colombaia inoltre le camere di maggior pregio furono affrescate da artisti napoletani tra le quali spicca il salone dei ricevimenti che con il suo maestoso camino dava luogo alle grandi celebrazioni.

Nel 1931 furono eliminate le pitture dalle pareti e fu diviso il salone per poterlo assegnare a più di un erede, completato poi con pitture di Francesco Costantini.

Il portone principale in legno scolpito, di pregiata fattezza, proveniente da altro luogo, fu adattato al portale in pietra contornata da rilievo tondeggiante.

L’accesso Sud al palazzo avveniva da via S. Anna al disopra della rimessa dei cavalli, il muro di cinta delimitava l’area riservata al palazzo denominato il giardino, cosparso di alberi da frutto di ogni specie, tuttora esistenti.

La nevera, posta sull’estremo destro dell’aia, veniva riempita di neve e ghiaccio durante la stagione invernale e costituiva riserva di fresco nei mesi caldi.

La grotta scavata nella roccia del monte per una profondità di 33 metri, accessibile solo dall’interno, ospitava le botti del vino e fungeva da rifugio in caso di pericolo.

La cisterna realizzata nel 1610 raccoglieva le acque piovane per gli usi agricoli e domestici.

La torre campanaria si elevava di otto metri al disopra del palazzo, era il fiore all’occhiello dei marchesi, in quanto simbolo di nobiltà ed era visibile da lontano.

I marchesi Qunzi prosperarono fino agli anni 1860, con l’evento dell’unità d’Italia iniziò la loro decadenza dovuta anche al riordino delle leggi borboniche, giungendo ad una situazione fallimentare che portò al rilevamento del palazzo da parte della Banca d’Italia.

Per un periodo di 25 anni la Banca d’Italia concedette l’utilizzo ai più svariati avventori che ne deturparono le opere più preziose.

Anche i componenti la famiglia dei Nardecchia, che il marchese aveva portato con se a Cese in qualità di fattore, rimasero ad abitare il palazzo fino all’avvento dei Costantini.

La proprietà dei marchesi, dopo qualche successivo passaggio, nel 1905 fu messa all’asta e  aggiudicata per la somma di 21.500 lire.

I Costantini originari di S. Pio delle Camere, conducevano negli anni 1871 – 1907 in Roio, la tenuta dei signori Palitti; avevano anche lavorato in Africa e in Austria.

Negli anni che seguirono, i Costantini popolarono il palazzo di Cese di Preturo, raggiungendo un collettivo di 42 persone, dando inizio alla coltivazione dei fondi resi disponibili, mantenendo con il popolo un vivo rapporto di convivenza fraterna e di collaborazione tale da considerarsi un punto di riferimento per tutto il paese.